Il Disturbo di Panico, o Attacco di Panico, compare per la prima volta nel DSM-III nel 1980. È molto frequente nella popolazione mondiale (intorno al 3,5%) e di conseguenza sono molto aumentate le persone che chiedono aiuto agli psicoterapeuti per questo disturbo. Da un punto di vista sociale la spiegazione va rintracciata nello stile di vita altamente stressante che sempre più viviamo nel mondo occidentale.
Per comprendere cos’è un attacco di panico è importante comprendere la differenza fra paura e ansia: la paura è un’emozione adattiva in quanto consente di percepire e valutare i pericoli e dunque mettersi in salvo e correre meno rischi; l’ansia invece è un complesso sistema di risposta - che coinvolge pensieri, emozioni, sensazioni fisiche e comportamenti - non collegata ad un’ effettiva minaccia. Per sintetizzare potremmo dire che la paura è uno stato emotivo più semplice mentre l’ansia è uno stato molto più complesso. La paura si attiva di fronte all’effettivo pericolo, l’ansia si attiva in seguito ad un processo che - pur essendo stato quasi sempre innescato da eventi esterni in passato - adesso è divenuto intrapsichico, cioè non ha più all’esterno una reale causa. E questo è ciò che fa sentire”malato” chi soffre di ansia, in quanto questi si rende conto di temere situazioni che non hanno in sé niente di temibile. La persona vive dunque un’esperienza emozionale distorta perché è costantemente in allerta anche quando non ce n’è reale motivo.
Un attacco di panico è caratterizzato da un periodo preciso di intensa paura e disagio fisico, durante il quale la persona sperimenta quattro o più dei seguenti sintomi che si sviluppano improvvisamente e raggiungono il picco nel giro di 10 minuti:
Avere un unico attacco di panico non significa avere il DAP. Molte persone hanno avuto anche un unico episodio nella propria vita; infatti la percentuale di popolazione che ha provato almeno un attacco di panico nella sua vita è molto più alta (dal 10% al 15 % della popolazione) di quella che ha avuto diagnosi di DAP (3,5%).
Per una diagnosi di Disturbo di Panico (DAP) deve esserci la presenza di attacchi di panico ricorrenti seguiti da almeno un mese di preoccupazione persistente di avere un altro attacco di panico. Inoltre in questo disturbo si ha un significativo e disfunzionale cambiamento nel comportamento che consiste nell’evitamento delle situazioni temute. Gli attacchi di panico, inoltre, si accompagnano all’ansia anticipatoria, la cosiddetta “paura della paura” cioè il timore di riprovare quelle sensazioni fisiche che hanno così tanto spaventato. L’ansia anticipatoria si può presentare , per esempio, alla sola idea di dover affrontare alcune situazioni temute (allontanarsi da casa, guidare l’auto, viaggiare, rimanere da soli, frequentare certi luoghi, ecc.). Ed è questa ansia che porta la persona a mettere in atto comportamenti di evitamento e quindi a vivere una vita limitata, con la conseguenza dell’insorgere di sentimenti autosvalutazione e tristezza che poi vanno a peggiorare anche lo stato dell’umore.
L'Agorafobia è l’ansia di trovarsi in luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile o imbarazzante allontanarsi, o nei quali potrebbe non essere disponibile aiuto nel caso di un attacco di panico. Generalmente la persona agorafobica ha paura dei luoghi pubblici affollati, ad esempio ristoranti, cinema, centri commerciali, viaggiare da sola nei bus, metropolitane, treni o aerei; ma anche trovarsi in spazi vasti e aperti, come piazze e ponti o in un luogo senza una agevole via di uscita.
Secondo il DSM-5 per fare diagnosi di Disturbo di Panico devono essere soddisfatti i seguenti criteri:
Il mio approccio integrato al trattamento del DAP si focalizza su più livelli:
Un livello affronta direttamente la sintomatologia attraverso tecniche sia di tipo strategico che cognitivo-comportamentale
L a psicoterapia strategica mira a disinnescare il meccanismo del funzionamento del sintomo applicando strategie in grado di cambiare il sistema disfunzionale di percezione e reazione della persona. Le ragioni di questo tipo di intervento risiedono nel fatto che - quando questo circolo vizioso prende avvio - esso prosegue perché si autoalimenta, in quanto gli evitamenti che il soggetto mette in atto non fanno che abbassare la soglia di attivazione della paura.
La terapia cognitivo - comportamentale mira sia ad identificare gli schemi cognitivi distorti che portano all’ansia (il livello cognitivo del lavoro) e a lavorare per l’acquisizione di modelli cognitivi funzionali , sia a desensibilizzare l’ansia attraverso l’esposizione graduale alle situazioni temute (il livello comportamentale ).
Nella mia esperienza però lavorare soltanto allo scopo dell’eliminazione del sintomo non basta quasi mai. Ecco allora che diventa importante l’esplorazione del livello sottostante: il significato implicito dell’ansia, che è diverso per ciascun individuo
Generalmente gli attacchi di panico si sviluppano in seguito ad esperienze dolorose di cui la persona non ha piena consapevolezza e che l’hanno portata a vivere in modo non congruente al proprio Sé. Questo tipo di lavoro richiede l’entrare in contatto con le emozioni dolorose per elaborarle e risolverle; a questo scopo utilizzo prevalentemente tecniche rogersiane e gestaltiste, le quali facilitano l’emergere e lo sciogliersi dei complessi costrutti negativi cognitivo-emotivi.
Durante l’esplorazione del passato spesso si incontrano esperienze traumatiche, per affrontare le quali può essere di valido aiuto anche la metodologia EMDR. Il modello dell'EMDR riconosce la componente fisiologica delle difficoltà emotive e ha come obiettivo quello di rendere non più disturbanti i ricordi - e quindi gli effetti - delle esperienze traumatiche. Il protocollo EMDR consente di lavorare sia alla desensibilizzazione della paura attuale sia alla rielaborazione delle esperienze traumatiche passate, che ne sono all’origine . Le ricerche effettuate negli ultimi anni hanno evidenziato che dopo il trattamento con EMDR l’area cerebrale di Broca si attiva maggiormente e diminuisce l’asimmetria nella lateralizzazione, modifiche queste che facilitano una differenziazione più realistica tra minacce reali minacce percepite.
Dr.ssa Silvia Foschetti
Psicologo Psicoterapeuta Firenze
Ambiti di intervento
(ansia generalizzata, fobia sociale, agorafobia, disturbo ossessivo - compulsivo)
(depressione, distimia, disturbo bipolare)
(rafforzamento dell’autostima, comunicazione efficace, sviluppo del Sé, orientamento sessuale)
(separazioni, lutti, stress scolastico e lavorativo, mobbing, cambiamenti di vita)
Attività
psicoterapia breve, individuale e di coppia
(crescita personale, autostima, relazioni affettive)