I Disturbi del Comportamento Alimentare

I Disturbi del Comportamento Alimentare Firenze

I Disturbi del Comportamento Alimentare riguardano principalmente giovani donne occidentali. Da un punto vista culturale ciò è facilmente spiegabile: da più di 40 anni si è andata sempre più affermando l’immagine della donna perfetta, che cioè racchiude in sé ambizione, successo, ma anche femminilità e bellezza. Conformarsi ad un modello fisico dominante diventa la soluzione al problema dell’identità per chi non riesce ad affermare la propria. Da un punto di vista psicologico chi soffre di un DCA molto spesso, attraverso il rapporto con il cibo, esprime un dolore risalente all’infanzia o all’adolescenza.  Quasi sempre chi ha questo tipo di disturbo è nato e cresciuto all’interno di relazioni familiari disfunzionali o ha vissuto esperienze traumatiche. In questi contesti di sviluppo il comportamento alimentare insano rappresenta una modalità di affrontare eventi di vita che altrimenti la persona non sarebbe in grado di sopportare. 

Nell’ultima edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5) i Disturbi dell’Alimentazione comprendono: Anoressia Nervosa; Bulimia Nervosa; Disturbo di Alimentazione Incontrollata (Binge Eating Disorder); Pica (ingestione di sostanza non commestibili); Disturbo di Ruminazione (ripetuto rigurgito del cibo); Disturbo dell’Alimentazione Evitante/Restrittivo detto anche Ortoressia (mancanza di interesse verso il cibo con evitamento di alcuni alimenti). Mi soffermerò sui primi tre, poiché sono quelli più diffusi.

Anoressia Nervosa

  • Diminuzione dell’apporto energetico, che porta ad una significativa perdita di peso (al di sotto del minimo normale) 
  • Intensa paura d’ingrassare, anche quando si è sottopeso o comportamento persistente che interferisce con l’aumento di peso.
  • Alterazione nel modo in cui è percepito il peso e la forma del proprio corpo
    Due sottotipi:
    1. Con Restrizioni durante gli ultimi tre mesi.
    2. Con Abbuffate/Condotte di Eliminazione durante gli ultimi tre mesi.
Disturbi Comportamento Alimentare

Bulimia Nervosa

  • Ricorrenti di abbuffate (mangiare, in un periodo di tempo circoscritto, una quantità di cibo maggiore di quella che la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso periodo di tempo e senso di mancanza di controllo sull’atto di mangiare durante l’episodio).
  • Ricorrenti comportamenti di compenso volti a prevenire l’aumento di peso, come vomito autoindotto, abuso-uso improprio di lassativi, diuretici o altri farmaci; digiuno o esercizio fisico eccessivo.
  • Le abbuffate compulsive e utilizzo improprio di mezzi di compenso avvengono in media almeno una volta a settimana per tre mesi.
  • La valutazione di sé è inappropriatamente influenzata dalla forma e dal peso del corpo.
  • Il disturbo non si riscontra soltanto nel corso di episodi di anoressia nervosa.

Binge – Eating Disorder

  • Episodi ricorrenti di abbuffate.
  • Gli episodi di abbuffate compulsive sono associati ad almeno tre dei seguenti caratteri:
  • mangiare molto più rapidamente del normale;
  • mangiare fino ad avere una sensazione dolorosa di troppo pieno;
  • mangiare grandi quantità di cibo pur non sentendo fame;
  • mangiare in solitudine a causa dell’imbarazzo;
  • provare disgusto di sé, depressione o intensa colpa dopo aver mangiato troppo.
  • Le abbuffate compulsive suscitano sofferenza e disagio.
  • Le abbuffate compulsive avvengono, in media, almeno una volta la settimana per almeno sei mesi.
  • Non vengono usati comportamenti compensatori inappropriati e il disturbo non si riscontra soltanto nel corso di anoressia o di bulimia nervosa.

Lo stesso DSM 5 considera fattori di rischio per tutti i DCA: situazioni di vita stressanti, abbandono e problemi nella relazione genitori-bambino, psicopatologie dei genitori, eventi di vita stressanti, abusi sessuali. 

Non avendo sviluppato adeguate capacità metacognitive e di modulazione emotiva – proprio in seguito a queste situazioni – è frequente che chi ha questo tipo di disturbo, una volta superata la fase critica, non approfondisca le problematiche che sono state all’origine del disturbo. Spesso arrivano nel mio studio persone (quasi sempre donne) in età adulta o matura con problemi relazionali e di autostima che hanno sofferto di anoressia in giovane età, ma che –  dopo aver oltrepassato la fase peggiore, magari anche un ricovero ospedaliero –  non hanno affrontato le problematiche all’origine del disturbo, che quindi si ripresentano in seguito nel corso della vita. Ciò spesso succede anche perché – soprattutto nei casi di anoressia – il ristabilimento del peso corporeo e talvolta la sopravvivenza stessa sono ovviamente obiettivi così prioritari da oscurare tutti gli altri.  Il collegamento fra i sintomi e tematiche importanti come la mancata individuazione di sé, i confini personali, il conflitto fra autonomia e dipendenza, la vergogna, il bisogno, la vulnerabilità è però necessario che venga compiuto e compreso per poter ritrovare l’equilibrio personale.

Le tematiche individuali all’origine dei DCA sono spesso di questo genere: senso di impotenza, identità scarsamente sviluppata, mancanza di autostima, alessitimia (incapacità di riconoscere, distinguere ed esprimere le proprie emozioni).  Vale la pena approfondire il significato di tali questioni, sottolineando quanto, nelle persone con DCA (soprattutto nell’anoressia), sia spiccata l’autocritica e la mancanza di fiducia nella validità delle proprie sensazioni, emozioni e pensieri.  È facile comprendere come, in seguito a queste due caratteristiche, possa insorgere la tendenza a valutare se stessi in termini di prestazioni a criteri esterni a sé, soprattutto quando questi criteri corrispondono a qualità esaltate dalla società, come la magrezza e la forma fisica. Nel soddisfare dunque aspettative esterne l’anoressica trova una ragione per esercitare il suo autocontrollo, dimostrare a se stessa la sua forza e distrarsi dal suo grande vuoto interiore. È così che il peso corporeo può diventare uno strumento per aumentare la propria autostima e il proprio valore.  Un’altra caratteristica delle persone predisposte a sviluppare un DCA è il perfezionismo, cioè la tendenza a valutarsi positivamente soltanto in conseguenza dell’ottenimento di standard elevatissimi e spesso irraggiungibili, in quanto valutati in base ad un metro che misura sempre ciò che manca.

Queste tematiche e soprattutto la mancanza di autoconsapevolezza sono una caratteristica anche di chi soffre di bulimia, tanto che appunto il vuoto interiore viene confuso con il bisogno di riempirsi di cibo; mentre una peculiarità di alcune persone con questo disturbo sembra essere l’impulsività, infatti talvolta i comportamenti bulimici sono accompagnati anche ad abuso di alcol e droga, autolesionismo e promiscuità sessuale.

Per quanto riguarda le relazioni di attaccamento, molti studi hanno evidenziato le problematiche vissute con le figure genitoriali di chi sviluppa un DCA. Spesso i genitori stessi hanno problemi psicologici non identificati che impediscono loro di riconoscere e accettare l’individualità del figlio. Le tematiche alla base possono essere molteplici, ma comunque in genere conducono a cercare nel figlio una compensazione oppure a riversare su di lui aspettative troppo elevate che impediscono la sua libera individuazione.  I sentimenti di inadeguatezza e l’impossibilità di influenzare l’ambiente in cui cresce possono portare l’adolescente a trovare nella dieta quel senso di potere e controllo che sente di non esercitare sulla propria vita. Così come l’abbuffarsi può essere il rifugio in cui permettersi di esprimere quelle parti bisognose di sé che altrimenti vengono tenute nascoste per compiacere le richieste esterne.

Recenti ricerche hanno evidenziato anche il ruolo del trauma nello sviluppo dei DCA, intendendo come trauma sia abusi sessuali e violenze fisiche sia traumi psicologici, abbandoni e lutti. In questo senso è stato visto che i sintomi dei DCA avrebbero la funzione adattiva di consentire al soggetto di distrarsi, annebbiarsi la coscienza fino al punto di vivere un’esperienza dissociativa. Spesso le abbuffate vengono proprio descritte come vissute in uno stato di trance, cioè dunque come mezzi per neutralizzare stati emotivi ingestibili e intollerabili.

L’approccio psicoterapeutico ai DCA si costruisce in base ai sintomi, alle tematiche portati dal soggetto e alla sua modalità di funzionare. Ciò significa che una parte del lavoro punterà alla remissione della sintomatologia mentre un’altra si rivolgerà all’elaborazione delle tematiche sottostanti, dopo circa tre incontri preliminari in cui ci saremo accordati sugli obiettivi e sul percorso. Per quanto riguarda la sintomatologia mi avvalgo di tecniche strategiche e cognitivo-comportamentali, mentre per quanto riguarda le tematiche sottostanti il mio approccio integrato è particolarmente appropriato. Inoltre utilizzo il metodo EMDR sia per l’elaborazione delle esperienze traumatiche relazionali e dell’attaccamento sia per la gestione del sintomo.
Per problematiche gravi la terapia individuale può non essere sufficiente; in tali casi è necessario un lavoro di équipe, composta anche da medici e nutrizionisti, in quanto le complicanze per la salute fisica possono essere tali da richiedere l’intervento di altri professionisti e talvolta di una struttura di ricovero.

 

Silvia Foschetti

Ambiti di intervento

Disturbi d’ansia e attacchi di panico

(ansia generalizzata, fobia sociale, agorafobia, disturbo ossessivo - compulsivo)

Disturbi dell’umore

(depressione, distimia, disturbo bipolare)

Disturbi psicosomatici, somatoformi, ipocondria

Difficoltà in ambito affettivo, relazionale, sessuale, familiare, dipendenza affettiva

Crescita personale

(rafforzamento dell’autostima, comunicazione efficace, sviluppo del Sé, orientamento sessuale)

Problematiche esistenziali

(separazioni, lutti, stress scolastico e lavorativo, mobbing, cambiamenti di vita)

Disturbi alimentari

Disturbi di personalità

Attività

Consulenza psicologica

Psicoterapia

psicoterapia breve, individuale e di coppia

Laboratori di gruppo

(crescita personale, autostima, relazioni affettive)

Percorsi psicoeducativi individuali e di coppia